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DDL Madia: il referendum sull'acqua utilizzato come foglia di fico da Governo e maggioranza
Infatti, non si obbliga più alla privatizzazione, come fece il
Governo Berlusconi, ma, grazie alle norme contenute nella legge di
stabilità e nel decreto "Sblocca Italia", si favoriscono processi che
puntano ad raggiungere il medesimo obiettivo incentivando esplicitamente
le dismissioni delle azioni dei comuni e favorendo economicamente i
soggetti privati e i processi di aggregazione tra aziende.
Il disegno di legge delega Madia sulla pubblica amministrazione va nella stessa direzione.
A
riguardo contestiamo la lettura che il relatore Sen. Pagliari dà
dell'art. 15 approvato ieri in Commissione Affari Costituzionali, quando
sostiene che l'acqua resterà pubblica, perchè si utilizza il referendum
sull'acqua e sui servizi pubblici locali del 2011 come una foglia di
fico per procedere ancor più speditamente lungo la strada della
privatizzazione.
Infatti, quell'articolo contiene, sin dalla
sua stesura originaria, indicazioni precise volte alla limitazione della
gestione pubblica, dispositivo
tra l'altro in contrasto con la disciplina comunitaria che invece la
tutela come scelta possibile da parte degli stati membri e dei
rispettivi Enti Locali.
Inoltre, appare in assoluta
contraddizione con l'esito referendario l'emendamento approvato ieri con
cui si incentivano e premiano gli Enti locali che favoriscono la
perdita del controllo pubblico delle aziende.
Non
è certo con il ddl sulla pubblica amministrazione che si renderà
nuovamente pubblica la gestione dell'acqua in Italia, rispettando così
la volontà popolare espressa con i referendum, ma con l'approvazione
della legge d'iniziativa popolare "Principi per la tutela, il governo
e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la
ripubblicizzazione del servizio idrico" che rimane indiscussa in Parlamento dal 2007 e depositata nuovamente a marzo 2013 dall'intergruppo parlamentare.
Roma, 1 Aprile 2015.
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